Storia della Frazione Chiavolino

I vecchi chiavolinesi ci hanno tramandato un simile gioiello intatto, e noi , coscienti del valore di questo sito, desideriamo fare altrettanto, evitando di violentare un complesso così armonioso e proprio per questo tanto fragile.

MicroStoria del Chiavolino di Francesco DeLorenzi

In merito alle origini della loro frazione da sempre i Chiavolinesi raccontavano che le prime case fossero state costruite sul pianoro che loro chiamavano “Surunc” sovrastante le attuali case, e dove attualmente si trovano la Serra e il Vivaio. Negli anni 40 del secolo scorso vi fu un ritrovamento che potrebbe convalidare questa vecchia leggenda; pare poiché questo primo insediamento risultasse ben presto troppo esposto ai venti e al freddo e che così si decise di recuperare il recuperabile e di ricostruire le case più in basso sotto vento , ove si trovano attualmente. Fissare una data per questo primo gruppo di case è abbastanza arduo; considerando però che nell’archivio parrocchiale il primo Mersi risulta iscritto nel 1718 e considerando pure che i Mersi erano allora presenti solo a Chiavolino, si potrebbe supporre che questo primo agglomerato fosse antecedente al 1700 ( forse metà del 1600) . Furono già dei Mersi i costruttori di queste prime casupole? Forse i Mersi arrivarono più tardi. Potrebbero essere loro ad avere recuperato le vecchie case, magari abbandonate dai primi costruttori, per ricostruirle più in basso sottovento?

Come e da dove esattamente arrivarono i Mersi a Chiavolino, in mancanza di riscontri precisi, è avvolto nella leggenda e comunque pare che all’epoca non vi fossero altri Mersi nel Biellese ed ancor oggi i pochi Mersi rimasti sono tutti di origine chiavolinese.

Mentre alcuni vedono in Mersi l’evoluzione del nome Marzo, De Martiis, la tradizione orale parla però di soldati francesi in fuga rifugiatisi in quel di Chiavolino, in quanto zona appartata, in un’area boscosa e montagnosa. Si racconta che questi soldati ( forse in fuga dalla battaglia di Torino del 1705) ringraziassero i Pollonesi con un bel “Merci” e che costoro incominciassero a chiamarli “quelli del Mersi” Pare pure che vi fossero documenti scritti in francese, ora introvabili, che avrebbero confermato questa ipotesi.

La dinastia dei Mersi ha sempre avuto una sua fisionomia particolare, con personaggi di spicco nei più svariati settori, sebbene si trattasse essenzialmente di agricoltori benestanti per l’epoca, in quanto disponevano di estese proprietà agricole, che andavano da “Ciapei”, ai piedi della Burcina, fino all’alpe “La Sgnora” a 1340 mt. slm, sopra l’attuale Tracciolino.

La magia non mancava di certo al Chiavolino, anzi , ce n’era ovunque, anche nel caminetto, dove, osservando il fuoco si interpretavano parecchi messaggi. Ad esempio se da un legno usciva una fiammella fischiante e soffiante era segno che le anime del purgatorio avevano bisogno di aiuto e dunque si recitava il “requiem aeternam”; se la fiamme si staccavano dal braciere e vivaci ed allegre danzavano sospese nell’aria era segno che le anime del paradiso erano felici, oppure c’era in arrivo una buona notizia o addirittura dei soldi ; se nella caligine della canna si accendevano piccole scintille, come stelline su un firmamento nero, il vento era in arrivo; se il fuoco non si accendeva e il fumo biancastro rotolava sulle scarpe ,voleva dire che l’aria era marcia e la pioggia dietro la porta.

Una caratteristica delle frazioni di montagna site, come Chiavolino ,relativamente lontane dal capoluogo, era quella di vivere il più possibile in regime di autosufficienza, una forma di autarchia motivata non solo dalla distanza dai punti di rifornimento ma anche da evidenti motivi economici. Orti, orticelli e campi di patate ce n’erano dovunque e quasi ogni famiglia aveva dalle 4 alle 8 vacche, molti allevavano un maiale, polli e conigli. Un’elemento essenziale per la sussistenza di queste frazioni di montagna , in particolare nel biellese, era costituito dalla coltura della castagna, che riprese tutto il suo valore essenziale durante i sei anni di guerra. Ogni chiavolinese aveva delle proprietà terriere più o meno grandi e buona parte di queste erano ricoperte da fitti boschi di castagni secolari dai quali si traevano quantità notevoli di castagne.

Le castagne servivano da alimentazione tutto l’ano agli uomini , ma soprattutto agli animali e si conservavano facendole seccare o sulle balconate o nella “Gra”, un locale apposito dove le castagne venivano messe a mezz’altezza su una grata di ferro, al di sotto della quale si accendeva un grande fuoco, fino a formare un braciere che veniva infine ricoperto di cenere per rallentarne la combustione: le castagne infatti dovevano essere secche , ma non affumicate.

Un altro albero che ebbe un ruolo importante nell’economia chiavolinese fu il noce ed in forma minore il nocciolo, dai quali si traeva il prezioso olio di noci che durante la guerra sostituì l’olio d’oliva.

La forma autarchica del Chiavolino era evidenziata dalla presenza di un grande forno a pane comunitario, purtroppo distrutto durante l’ultima guerra perché durante un rastrellamento i tedeschi vi trovarono nascosti dei fucili. Fu per puro miracolo, della Madonna d’Oropa naturalmente,se Chiavolino non venne incendiato.

Durante gli anni della guerra inoltre, vi era il fatto che a Chiavolino c’era sempre l’uomo adatto (specializzato) a fronteggiare qualunque evenienza o necessità. C’era chi lavorava il legno, il ferro, la pietra, e chi sapeva tutto per fare il formaggio, il burro, l’olio di noci, il miele, l’aceto di mele, le grappe, i salami, e per un certo periodo anche il vino. Non mancava poi chi curava gli animali anche con salassi spettacolari ed altri interventi, e pure il medico si vedeva raramente in quanto una certa saggezza, ricorrendo ad erbe e ad altri prodotti naturali, permetteva di far fronte ai casi meno gravi.

Ci furono diversi scontri tra i partigiani, che si erano rifugiati a Chiavolino, e i tedeschi-repubblichini, che facevano frequenti incursioni nella speranza di catturarli, ma , nonostante la fermezza dei Chiavolinesi nel non tradire i partigiani, le conseguenze di tale attitudine non furono mai drammatiche: Chiavolino non fu mai incendiato e nessuno, botte a parte, ci lasciò la pelle.

PROFILO URBANISTICO E PAESAGGISTICO:

Osservando l’agglomerato della frazione dall’alto ci si rende conto che uno spostamento in basso dei primi fabbricati sia più che mai plausibile e ciò potrebbe giustificare l’omogeneità e razionalità dell’ubicazione e dell’architettura dei vari fabbricati, quasi tutti di volumetria rilevante, tale da avvalorare due ipotesi: cioè che l’insieme di questi grandi fabbricati fu costruito contemporaneamente o almeno entro un lasso di tempo molto limitato. Oppure, in caso contrario, ci troveremmo di fronte ad uno straordinario esempio di grande sensibilità estetico-urbanistica, nonché una ricerca approfondita verso una funzionalità superiore a quella che è difficilmente raggiungibile inquadrati come siamo oggi da piani regolatori, piani di settore, zone di rispetto, zone protette, zone paesaggistiche e chi più ne ha più ne metta.

I fabbricati sono disposti tutti intorno ad un asse viario leggermente curvilineo composto dall’allineamento dei vari cortili comunicanti tra di loro; un bell’arco, senza porta ed un androne , con portone, frazionano la linearità dell’insieme creando inoltre un vano chiudibile per mettere al riparo gli ovini d’inverno.

Tre sono gli accessi a questo asse centrale, due agli estremi opposti della frazione ed uno quasi centrale formato da una rampa acciottolata molto ripida; tutti sono collegati con la strada carrozzabile per Pollone, mentre a monte delle case vi è il sentiero che porta a Favaro, e ,volendo, ad Oropa.

E’ poi notevole l’integrazione di questo imponente complesso nel bellissimo ambiente naturale circostante, favorito indubbiamente dal fatto che:

– l’altezza di colmo dei tetti è praticamente sempre la stessa e addirittura tre grossi edifici sono coperti da un tetto unico per tutta la loro lunghezza.

– le grandi balconate (lobie) che percorrono orizzontalmente su due piani tutte le case sono perfettamente allineate ed esteticamente omogenee.

– i tetti sono tutti rigorosamente in coppi, formando così un insieme bellissimo, in particolare quando osservato dall’alto.

– l’allineamento dei fabbricati accompagna l’andamento naturale della montagna con uno sviluppo orizzontale leggermente curvilineo di grande effetto estetico.

Alcuni dati interessanti:

– A fine ‘800 fu costruito un acquedotto privato di Chiavolino (con un profondo tunnel lungo 40 metri) che in parte è ancora utilizzato; l’acquedotto comunale arriverà solo nel 2003.

– La strada carrozzabile fu costruita nel 1890 con un investimento di 4.222,52 lire, frutto di una colletta alla quale risposero con antica generosità, gli abitanti di Pollone. L’amministrazione comunale versò 750 lire mentre Mersi Bartolomeo fu Agostino prestò 1.226 lire.

– L’energia elettrica arrivò prima della Grande Guerra e la famiglia Luchini di Milano, titolari della moderna “Fabbrica apparecchi gas e luce elettrica” ed assidui villeggianti del Chiavolino, si prodigarono generosamente a distribuire la “nuova luce” nelle case.

-Nel 1911 fu attivata la tramvia Biella-Oropa che permise ai Chiavolinesi di andare a lavorare a Biella prendendo il “tramvain”alla fermata del Pian degli Uccelli, facilitando Così ancor più quella doppia attività agricolo-artigiana-operaia che fu un po’ per tutto il biellese alla basa di una non comune agiatezza per l’epoca.